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Lasciare andare – tra il dire e il fare…

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Questa volta non sono io a partire.

 

Questa volta sono quella che rimane indietro; quella che canticchia nella doccia “If you love somebody, set them free”.

 

Quella che saluta all’aeroporto e torna a casa con la sensazione che lasciare andare, forse, non sarà cosi facile.

Julia è partita tre settimane fa. Prima tappa Parigi. Sono passati trent’anni da quando sono partita per Parigi, a 20 anni, proprio come lei. Concedetemi questo cliché: mi sembra ieri!

A distanza di tre settimane penso sia venuto il momento di buttare giù qualche riflessione, perché è un nuovo capitolo che si apre e, come al solito, ho bisogno di far chiarezza sul garbuglio di emozioni che popolano la mia mente.

Uno dei doni che il mio espatrio ha dato alle mie figlie, oltre ad un passaporto europeo, è quello di essere cresciute sentendosi a proprio agio nelle due culture, parlando due lingue e con un forte senso di appartenenza a entrambi i paesi.  Di conseguenza la decisione di Julia di andare a studiare in Italia per un periodo è avvenuta in modo del tutto naturale, come un passaggio automatico nel suo percorso.

Il suo piano è di viaggiare per l’Europa con un’amica, tra spiagge, città d’arte e festival di musica, passare dai nonni a fare il cambio di stagione e cominciare il semestre a Ca’ Foscari a settembre.

Compagne di viaggio

Compagne di viaggio

Non posso fare a meno di ricordare la mia partenza e la prima differenza che salta all’occhio è come ero impreparata e totalmente ignara di ciò che mi attendeva, confronto alla mia informatissima figlia! Ma forse per questa mia ingenuità nei mesi precedenti alla partenza non ricordo stress ed ansia, mentre invece per Julia sono stati mesi difficili di notti insonni e spalle doloranti a causa della tensione accumulata.

A volte non sapere aiuta a essere più tranquilli e mi chiedo se mia madre, senza cellulare e internet e non avendo idea di dov’ero e cosa facevo, riuscisse a trovare conforto nell’ignoto.

Il mio lavoro sul “lasciar andare” è cominciato un pomeriggio di marzo, quando Julia e la sua amica, sedute sul letto davanti al computer, studiavano una mappa d’Europa per decidere un itinerario e stabilire le tappe del viaggio.

C’erano cosi tanti consigli che volevo dare, cosi tanti paesini tradizionali e poco turistici che volevo suggerire, cosi tanti trucchi da viaggiatrice navigata che volevo condividere.

STOP!

Lasciar andare vuole anche dire non interferire, lasciare che le scelte siano fatte con l’entusiasmo e la spensieratezza dei 20 anni, perché  la saggezza dei 50 anni verrà e ho dovuto farne buon uso io, per tenermi in disparte e sostenere questo progetto dal di fuori.

Non è stato facile. Non è facile.

“Mamma, non giudicare!” mi ha detto l’altra volta dopo il mio commento sulla scelta, secondo me poco sensata, di volare avanti e indietro.

STOP!

Non è il mio viaggio, non è la mia avventura, non è la mia vita.

Lasciare andare è accettare che non ha bisogno di me e può sbagliare da sola perché gli sbagli insegnano più dei consigli della mamma!

Lasciare andare è rassicurare anche quando io non mi sento affatto sicura.

Perché sto perdendo la fiducia nel mondo ma per lei il mondo è ancora tutto da esplorare, tutto da vivere, da scoprire e non è giusto passarle le mie paure.

E il lavoro continua, un  lasciare andare giornaliero, quando cerco di pensare ad altro ma il mio pensiero torna a lei…avrà dormito? sarà felice? cosa farà?

E poi, all’improvviso, mi accorgo che sono ore che non ci penso, che ho dormito tutta la notte, che…sto imparando a lasciare andare!

 

 

 

5 Comments

  1. Angela M ha detto:

    Auguro a Julia una bellissima avventura! E a te tanta serenita’ durante la sua assenza! 🙂
    Cosa andra’ a studiare in Italia?

    • BarbaraA. ha detto:

      Grazie Angela. Continuo a lavorare sulla serenità, ce la posso fare 😉 Studiera’ sociologia e spagnolo, qui fa un Bachelor of Arts.

      • Angela M ha detto:

        Sicuro che ce la puoi fare! 🙂 Sara’ una grande esperienza per lei. E per te un’occasione per visitare nuovamente Venezia magari? 🙂 Un bacione!!

  2. virginiamanda ha detto:

    E’ bellissimo questo post, ci sono arrivata grazie a Federica Mammainoriente.
    Sai, capisco benissimo il lavoro di dover “lasciare andare” anche se non ho una figlia e non vivo la tua situazione. Per me, la partenza per l’Australia è stata una doccia fredda di “lasciar andare”. Avevo abitato in altri Paesi prima, ma sempre in Europa, o almeno a mai più di quattro ore di aereo. Quando preparavo le valigie, la altre volte, pensavo sempre: beh ma questo lo posso prendere la prossima volta, questo me lo possono portare, mi verranno a trovare presto etc…
    Ora no.
    Chissà chi verrà mai a trovarmi fino a qui!
    E mentre mi preparavo alla partenza ho iniziato a “lasciar andare” un sacco di cose che davo per scontate.

    E’ bello che tu ci sia, che tua figlia sappia di poter contare su di te, e anche – permettimi- è bello che tua figlia abbia voglia di esplorare il mondo per conto suo.
    Un abbraccio!

    • BarbaraA. ha detto:

      Grazie mille per le tue parole, Virginia. Hai ragione, la nostra vista di immigrate e’ tutto un “lasciar andare” ma per ogni cosa che lasciamo c’e’ sempre qualcosa di importante e speciale che troviamo! Al momento per me e’ vedere mia figlia diventare indipendente, scoprire il mondo e trovare le sue risorse, una dono prezioso che mi sto godendo dall’altra parte del mondo 🙂

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