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Ogni ritorno porta con se gioia e nostalgia e la sensazione di lasciarsi alle spalle qualcosa di importante per raggiungere qualcosa di altrettanto speciale.
Negli anni ho cominciato a dare per scontate le emozioni legate ai ritorni e a fare il viaggio quasi in pilota automatico, senza guardarmi troppo intorno, compiendo semplicemente una serie di azioni che conosco a memoria.
E poi è arrivato il virus e, con un colpo netto, a fatto crollare tutte le mie certezze, lasciandomi spaesata di fronte ad una tela bianca, senza quei punti fermi a cui sono solita aggrapparmi e incerta su come affrontare questo insolito ritorno.
Arrivate all’aeroporto, alla domanda: “Dove andate” ho risposto meccanicamente “Melbourne“, il primo segnale che dovevo immediatamente disinserire il pilota automatico ed essere presente ed in controllo.
Ma non è solo la destinazione che questa volta è diversa, non sono solo gli aeroporti deserti e i voli vuoti che mi ricordano che il cambiamento è inevitabile. C’è un bagaglio di emozioni nuove, una paura insolita che mi impedisce di abbandonarmi alla gioia del ritorno, l’incertezza di tornare in un paese che non sento più mio e il disagio della distanza che pensavo di avere accettato e accolto.
L’arrivo a Sydney è surreale e, mentre veniamo scortate a prendere i bagagli, mi sento un po’ criminale un po’ untore.
Alle spalle ho lasciato un’Europa che soffre ma a cui sento sempre di più di appartenere e arrivo in un’Australia che ha paura di accogliermi e mi giudica colpevole prima ancora di darmi l’opportunità di provare la mia innocenza.
Ovviamente queste sono emozioni intense, esacerbate dalla stanchezza del viaggio e dall’incertezza degli ultimi giorni, ma il disagio che provo ad attraversare l’aeroporto di Sydney sotto scorta è reale.
Gli attacchi di panico di cui ho sofferto in passato mi vengono in aiuto. Una lettera del mio dottore afferma che, a causa della mia ansia, ho bisogno di aprire le finestre e veniamo trasportate a quella che sarà la nostra dimora per due settimane, con tanto di balconicino e aria fresca illimitata 🙂
Così comincia questo strano periodo di reclusione per il bene comune e concentrarmi su questo aspetto mi aiuta a non lasciarmi sopraffare dalla rabbia per la disorganizzazione e l’incoerenza con le quali è gestito questo programma.
Sono consapevole delle conseguenze tragiche che il Covid19 ha causato e continua a causare nel mondo e arrivare in un paese in cui i numeri di contagi sono quasi inesistenti dovrebbe rassicurarmi. In realtà non riesco a sentirmi sicura in un paese che chiude le porte ai sui cittadini nel momento del bisogno e che rifiuta di guardare oltre ai numeri.
Mancano pochi giorni, presto uscirò da quella porta e mi ritroverò in un mondo che non riconosco, con valori che non mi appartengono ma che dovrò imparare ad accettare, nonostante i suoi difetti.
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