I sensi di colpa
Maggio 16, 2016Non tutti i mali…
Giugno 16, 2016Quando Nigel ed io abbiamo deciso di sposarci, nella mia mente prese forma l’immagine del mio matrimonio ideale:
una bellissima giornata estiva, una pittoresca chiesetta nella campagna ligure, una cerimonia in italiano e inglese con parole ricche di significato, famiglia e amici da tutto il mondo raccolti intorno a noi, musica e buon cibo…semplice ed efficace!
In realtà organizzare il matrimonio dei miei sogni si rivelò tutt’altro che semplice e richiese parecchia creatività e, una buona dose di compromesso!
Abituata all’Italia, dove i matrimoni possono essere civili o religiosi, celebrati dal prete o dal sindaco, in chiesa o in comune, fui piacevolmente sorpresa di scoprire un’altra realtà.
A Melbourne un matrimonio può essere celebrato in giardino, in barca o in spiaggia, insomma in qualunque luogo con un significato speciale e seguendo un servizio del tutto personale, usando parole e letture significative per la coppia e non le solite frasi fatte. Inutile dire che l’idea mi piaceva da matti e andò ad alimentare le mie fantasie matrimoniali.
Il primo passo era dunque quello di trovare il posto ideale, quell’angolo magico in cui coronare il nostro sogno d’amore intercontinentale!
La chiesetta in campagna era in cima alla lista!
In quei giorni pre internet non era possibile inviare un’email veloce al parrocco del paese.
Dovetti ricorrere al buon vecchio telefono, un dollaro al minuto, e spiegare la situazione in poche ed esaurienti parole al simpatico curato che si dimostrò entusiasta quasi quanto me all’idea di questo insolito matrimonio.
Nella sua parrocchia di provincia non gli era capitato spesso di celebrare un matrimonio inter-religioso e il fatto che Nigel fosse di religione ebraica aggiungeva possibilmente un tocco di interesse alla sua quotidianità.
L’unica cosa che il giovane sposo doveva fare era firmare una dichiarazione nella quale affermava che avrebbe cresciuto i suoi figli nella fede cattolica.
Da buon italiano, il parrocco mi assicurò che era solo una formalità.
Sono sicura che il vescovo non avrebbe approvato il suo approccio, ma, da buona italiana, io apprezzai enormemente il fatto che le regole c’erano, ma potevano essere facilmente ignorate.
Non avevo fatto i conti con il mio quasi marito australiano, il quale a tale proposta, e relativa soluzione, mi rivolse uno sguardo tra l’inorridito e l’incredulo e, sconvolto dalla mancanza di integrità del povero parroco, rifiutò ardentemente di firmare una tale dichiarazione.
L’idea della chiesina in campagna fu così accantonata 🙁
La mia furia verso Nigel per la sua inflessibilità riuscì ad essere placata dalle parole consolatorie del prete, dall’altra parte del filo, che si complimentava con me per aver scelto un compagno di vita virtuoso e di sani e forti principi.
Cercai di non scoraggiarmi e di guardarmi intorno, in senso figurato visto che mi trovavo dall’altra parte del mondo, per trovare il posto magico di cui avevamo bisogno.
Fortunatamente non dovetti guardare troppo lontano!
Avevamo deciso di fare il pranzo nella casa di campagna dei miei genitori, luogo ricco di significato per la mia famiglia, tra le viti e le mimose, sulle colline liguri, e sarebbe stato perfetto anche per la cerimonia.
A questo punto avevo un alleato fedele nel parroco, un complice pieno di entusiasmo che fece salti di gioia alla mia idea anche se, solo per formalità, avrebbe dovuto chiedere permesso al vescovo, visto che la cosa era un pochino fuori dalla norma.
Ovviamente non ero presente a questo scambio ma ho sempre immaginato che lo sguardo del vescovo di fronte a tale proposta, fosse molto simile a quello di Nigel: tra lo sconvolto e l’incredulo…e possibilmente anche un po’ indignato.
E la sua risposta uguale a quella del mio virtuoso australiano: assolutamente no!
Ma nulla poteva fermarci e il mio fedele alleato giunse ancora una volta in mio aiuto, trovando la soluzione a tutti i nostri problemi di religione e di forma: avrebbe celebrato il nostro matrimonio in campagna, avremmo potuto usare un servizio scritto da noi, alla fine del quale ci avrebbe pronunciato marito e moglie, davanti agli occhi di famiglia e amici.
Mia mamma si occupò del cibo, mia zia dei fiori, mio cugino della musica e mio zio delle fotografie, un vero affare di famiglia!
Il parrocco promise di non menzionare Gesù per rispetto alla parte ebraica della congregazione e mantenne la promessa, anche se la parte ebraica non avrebbe capito una parola visto che nessuno parlava italiano.
La promessa di matrimonio era scritta da noi e membri della nostra famiglia e amici lessero poesie e salmi scelti per il loro significato, in italiano e inglese. Alla fine della cerimonia saltammo su un bicchiere, come in tutti i matrimoni ebraici che si rispettano ed eccoci sposati!
Anche se in realtà non lo eravamo.
Abbiamo mangiato pietanze preparate con amore, passato tempo prezioso con i nostri cari, arrivati da ogni angolo del mondo per celebrare con noi, abbiamo riso e versato anche qualche lacrimuccia, abbiamo ballato tutta la notte, un matrimonio perfetto, il matrimonio dei miei sogni.
Anche se in realtà non eravamo sposati.
Per quella piccola formalità avremmo dovuto aspettare un paio di giorni quando, senza nessun clamore e davanti al sindaco e a due testimoni, firmammo le carte nell’anonimo comune di Vallecrosia.
Non è stato un percorso particolarmente semplice ma, sicuramente, ma alla fine siamo arrivati a destinazione!
3 Comments
Che bellissima storia. Deve essere stata una giornata da favola davvero!! 🙂
Grazie Angela 🙂
Non c’e’ di che! 🙂