Aqua aerobics, non solo fitness!
Maggio 5, 2016
I sensi di colpa
Maggio 16, 2016
Show all

Cerchi asilo? Non in Australia!

Sharing is caring!

Il mondo sta affrontando la più grande crisi di rifugiati dalla Seconda Guerra Mondiale.

L’Australia è un paese di grandi spazi e città moderne fornite di buoni servizi pubblici, per questo è considerato da molti un paese ricco di opportunità. La  popolazione di 24 milioni di abitanti è costituita per la maggioranza di immigrati che, arrivando da ogni parte del mondo, hanno contribuito alla ricchezza economica e culturale del paese.

Il Governo Australiano rifiuta di accogliere i richiedenti asilo sul territorio e ha istituito centri di detenzione in due isole del Pacifico, Manus (in Papua New Guinea) e Nauru.

I leaders politici si sono coalizzati e hanno deciso che, per risolvere la crisi, la soluzione migliore è tenere i richiedenti asilo fuori dal paese, “lontano dagli occhi, lontano dal cuore“, spazzare il problema sotto il tappeto.

Dimenticando umanità e compassione hanno richiesto a due paesi del Pacifico, poveri e ovviamente disponibili alla lucrativa proposta del Governo Australiano, il permesso di istituire due campi di detenzione in cui piazzare gli arrivi indesiderati.

Protesta a Melbourne contro i campi di detenzione offshore

Protesta a Melbourne contro i campi di detenzione offshore

Per evitare spiacevoli riscontri, nel 2015 è stata istituita la legislazione “Border Force Act” secondo la quale il personale impiegato nei campi (medici, infermieri, psicologi…) ha il divieto di parlare pubblicamente di quello che succede all’interno dei “detention centres”, a rischio di due anni di prigione.

Il documentario “Chasing Asylum“, proiettato al Human Rights Arts and Film Festival,  rivela, attraverso coraggiose testimonianze e filmati ripresi in segreto all’interno dei campi, le condizioni terribili e disumane a cui sono sottoposti centinaia di uomini, donne e bambini, ogni giorno e a tempo indeterminato.

Ieri sono andata a vederlo e ho avuto la fortuna di essere accompagnata da tutta la mia famiglia, il mio regalo per la festa della mamma. Un pugno nello stomaco, necessario, indispensabile per aprire gli occhi e per capire che non possiamo stare in silenzio.

Tra gli intervistati ragazzi poco più grandi delle mie figlie che, pieni di ideali e voglia di avventura ma senza nessuna esperienza, hanno risposto ad un annuncio dell’Esercito della Salvezza per andare a lavorare nei centri di detenzione.

Una delle ragazze racconta dello shock provato quando al colloquio iniziale le fu chiesto se sapeva usare un “Hoffman knifeun coltello speciale per tagliare le corde dei detenuti che tentano di impiccarsi.

I detenuti, che hanno la sola colpa di essere nati dalla parte sbagliata del mondo e di avere avuto il desiderio e l’iniziativa di provare a cambiare la loro condizione, arrivano nei centri di detenzione traumatizzati dalla loro esperienza di vita e dal viaggio. Quello che trovano è una branda in una tenda, senza servizi adeguati e senza sapere quando e se ne usciranno mai.

Suicidi, impiccagioni, auto-immolazioni e atti di autolesionismo sono all’ordine del giorno e rivelano la disperazione di questi essere umani ai quali non rimangono che questi mezzi estremi per essere notati.

In un ennesimo atto di ipocrisia, il Governo Australiano ha dichiarato che i detenuti posso uscire dai campi e vivere la loro vita in libertà, in una minuscola isola rocciosa della Micronesia, dove la povertà affligge la popolazione locale e si trasforma in atti di violenza, soprattutto sessuale, verso i rifugiati.

Con i centri di detenzione offshore Il Governo Australiano ha trovato un’efficace misura deterrente per fermare le barche: offrire ai richiedenti di asilo un’alternativa peggiore a quella dalla quale stanno fuggendo.

I leaders politici australiani sono soddisfatti, la loro operazione è un successo, hanno fermato le barche dei trafficanti, le coste dell’Australia sono salve e intoccabili.

La mia vita continua, sono entrata in Australia dalla porta principale, ma è difficile rimanere indifferente e cosi condivido con voi una piccola parte di questa crisi tutta australiana, perché è importante sapere che opportunità e spazi aperti non sono offerti a tutti.

 

 

 

 

 

 

 

3 Comments

  1. Claudia ha detto:

    Un aspetto dell’Australia che mi ha sempre lasciato schoccata, che non ho mai capito e che non accetterò mai! Davvero triste!

    • BarbaraA. ha detto:

      Anch’io lo trovo incomprensibile e abominevole. Ma evidentemente i nostri governanti non pensano sia un problema, visto che entrambi i partiti sono irremovibili, gli “offshore detention centres” sono qui per restare 🙁

  2. Leonardo ha detto:

    Per certe cose qui proprio non ci siamo. Brava Barbara!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito utilizza i cookie. Continuando a navigare sul sito, accetti l'utilizzo dei cookie Maggiori informazioni

The cookie settings on this website are set to "allow cookies" to give you the best browsing experience possible. If you continue to use this website without changing your cookie settings or you click "Accept" below then you are consenting to this.

Close