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Da est a ovest, riflettendo…

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Da est a ovest, riflettendo…

Sono qui da quasi tre settimane, ora sul treno da Venezia a Ventimiglia, attraverso l’Italia nella nebbia, verso casa. Questo concetto di “casa“, sempre così elusivo e volubile pare diventare più chiaro, più definito, con gli anni che passano.

Mi sono sentita a casa appena atterrata a Milano, sulla metro con i pendolari e gli studenti. Un sorriso complice con la signora seduta di fronte è abbastanza per stabilire una connessione e cominciamo a parlare del tempo, dell’efficienza del Malpensa Express, delle cose che non funzionano ma anche di quelle che funzionano, in questa Italia malandata ma ancora amata.

Osservo i ragazzini del liceo, accalcati nel corridoio e ricordo quegli anni e le nostre risate, le sciocchezze fuori dalla scuola e come desideravo poter prendere il treno. Sofia è con me, siamo stanche dal viaggio ma è rilassata e a suo agio su questo treno italiano, tra questa folla mattutina.

Siamo a casa. 

Dopo poche ore riabbraccio Julia, la mia cittadina del mondo, sono passati cinque mesi e la ritrovo uguale e diversa, fragile e sicura, bambina e donna. Il suo rapporto con l’Italia è cambiato, è un rapporto indipendente, non più collegato a me, ha le sue storie e non sono necessariamente connesse alle mie.

Conosce Milano perché è stata qui con le sue amiche, senza di me; non ha paura di parlare con sconosciuti perché ha acquistato sicurezza con la lingua, senza di me.

È a casa.

Il solito tuffo al cuore nel vedere il Duomo, il calore nell’abbraccio di vecchie amiche, ascoltare le loro vite davanti a un caffè, guardandoci negli occhi e stringendoci la mano, camminando a braccetto per le strade vestite a festa. Brevi e speciali momenti.

Sono a casa. 

Venezia ci accoglie in tutto il suo decadente splendore. Julia mi mostra fiera la “sua” città, si muove sicura tra le calle e sui ponti, pare che questo labirinto non abbia più segreti per lei ma mi assicura che non è cosi e anche lei riesce ancora a perdersi. Vederla qui, nella sua casa, con i suoi amici, la sua università, la sua Conad, la sua pasticceria preferita, mi riempie di orgoglio.

Ed ora siamo sul treno per Vallecrosia, la città…dina della famiglia, dove ancora una volta passeremo il Natale, tutti insieme, riuniti a mangiare panettone e insalata di polpo (negli ultimi anni è entrata a far parte della tradizione!). Perché anche se Vallecrosia non ha molto da offrire ai più, per me rappresenta il ritorno. Ritorno ai ricordi di bambina, al brodo della mamma, alla spiaggia di sassi (la sabbia non mi avrà mai!) ma anche a un certo disagio adolescenziale e desiderio di fuga.

Nonostante tutto, casa.

Due anni fa ho scritto questo post “Reflections on home“. Se siete arrivati fin qui vi consiglio di fare ancora un piccolo sforzo e andare a leggere le mie riflessioni di allora, in inglese!

Il primo grande cambiamento in questi due anni è sicuramente il mio riavvicinamento alla lingua italiana. L’inglese non è più la mia lingua “adulta”, ma tra lavoro, chiacchiere virtuali e reali (il numero degli Italiani a Melbourne aumenta di giorno in giorno e cosi l’opportunità di “praticare”!), questo blog e il mio lavoro con Expatclic sto  “crescendo” linguisticamente.

Il fatto che riesca a “riflettere” in italiano ne è la prova 🙂

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